Promossa dall’Assessorato alla Cultura, la mostra del giovane fotografo padovano Paolo Giudici prosegue il calendario degli appuntamenti con la fotografia contemporanea alla Galleria Sottopasso della Stua, inaugurando un nuovo filone di ricerca sull’astrazione, dopo le recenti esposizioni sul tema "Del corpo ... i corpi".
Sono presentate trentuno fotografie di grande formato realizzate negli ultimi due anni, raggruppate in cinque serie:"Portrait de Monna Lisa", "Lex", "Tabula Rasa", "Veni" e "The Illustrated Kamasutra". Benché tutte le immagini raffigurino oggetti reali, si tratti di un puzzle della Gioconda, di vetri di sicureza infranti, di piastrelle di marmo o di carta colorata, da essi il processo fotografico distilla un segno, il cui significato il titolo sembra solamente suggerire.
In "Portrait de Monna Lisa" il capolavoro di Leonardo viene ridotto all’insieme incompleto delle tessere del suo puzzle, non composto e quasi privato di ogni riferimento figurativo all’originale. La riproduzione non tanto si sostituisce all’origine, come anche la serie "Mona Lisa" di Andy Warhol ricorda, quanto piuttosto lo annienta.
I vetri infranti di "Lex", le tavole infrante della prima legge mosaica, diventano metafora della legge in generale, diventano schegge di immagini dalla storia recente, penetrate nella memoria collettiva della generazione cui l’artista appartiene. "Tabula Rasa" presenta oggetti di uso comune, disposti secondo motivi geometrici che li rendono difficilmente individuabili. E’ questa la serie in cui più chiaramente si tematizza il nesso tra fotografia e linguaggio e in cui più è riconoscibile l’influenza filosofica del "Tractatus Logico-Philosophicus" di Ludwig Wittgenstein.
Dietro un altro riferimento biblico, i quatrto cavalieri dell’Apocalisse simboleggiati da quadrati di marmo colorato, "Veni" nasconde la propria riflessione sulla storia presente, amplificandone l’amarezza attraverso la sua intima serenità formale.
Ironizzando sulla volgarizzazione del testo di Vatsyayana, "The Illustrated Kamasutra", rappresenta quella tragicommedia esistenziale di ogni uomo o donna alla vana ricerca dei tre scopi della vita, che il trattato sanscrito svolge nei sette libri in cui è suddiviso.
I lavori di Paolo Giudici rispecchiano la formazione dell’autore, laureatosi in Filosofia del linguaggio all’Università di Padova, e testimoniano la sua ricerca utopica di un linguaggio visivo ideale, di una grammatica fotografica universale. Sono fotografie che non documentano che se stesse, mostrando la confusione endemica tra rappresentato e rappresentante, e che non narrano nulla, provando la contraddizione incurabile tra immagine e testo, di cui parla Michel Foucault. BiografiaNato a Padova il 5 febbraio 1969, dopo la laurea in Filosofia si trasferisce a Londra, lavorando come assistente e fotografo ritrattista.
Dal 2001 vive e lavora a Monaco di Baviera.
Mostra promossa dall’Assessorato alla Cultura - Centro Nazionale di Fotografia
Mostra a cura di Enrico Gusella
12 settembre 2003 - 25 ottobre 2003
a lunedì a sabato: 11.oo/13.oo - 15.oo/19.oo;
chiuso domenica.
InformazioniCentro Nazionale di Fotografia
tel: 049 661030
e-mail: gusellae@comune.padova.it
http://cnf.padovanet.it
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