Si inaugura Venerdì 8 febbraio alle 19.00, nella Galleria Sottopasso della Stua di Largo Europa, la mostra "Sguardi interiori" con fotografie di Marina Abramovich, Vanessa Beecroft, Isabella Bona, Giulia Caira, Silvia Camporesi, Tea Giobbio, Nan Goldin, Mona Hatoum, Barbara La Ragione, Mara Mayer, Shirin Neshat, Pipilotti Rist e Cindy Sherman.
La mostra, promossa dall’Assessorato alle Politiche Culturali e Spettacolo – Centro Nazionale di Fotografia, curata da Enrico Gusella, si inserisce nella serie "Racconti di donne" e presenta i lavori di un gruppo di artiste che indagano dinamiche e vicende di una quotidianità legata tanto alla corporeità quanto alle relazioni interpersonali.
La mostra scandaglia così un universo femminile che, in questi ultimi anni, è balzato agli occhi della critica e del pubblico grazie alla produzione di opere in grado di stimolare, cogliere e rappresentare una dimensione esistenziale, oltre che personale e individuale, filtrata attraverso l’esperienza del femmineo. La rassegna si propone quindi come una riflessione sullo sviluppo crescente di motivi generati e sondati dalla percezione femminile che ha influenzato considerevolmente lo scenario dell’arte contemporanea, contribuendo per altro alla redistribuzione dei ruoli in contesto artistico.
Nelle immagini in mostra, la figura femminile diventa protagonista privilegiata. Le artiste selezionate, ognuna a suo modo, sondano la realtà, tentano di carpire, indagare e restituire la loro relazione con essa attraverso un approccio ed un’estetica estremamente personali e decisi. Chi insistendo sul ritratto, utilizzando il mezzo fotografico come strumento di penetrazione dell’individualità e di comprensione dell’umano; chi sul corpo, accostandosi alle dinamiche della body art, dell’azionismo e della performance, attingendo quindi ad una dimensione "teatrale" per tracciare una personalità in fieri; chi sul concetto di tempo e spazio, scardinando le leggi del "qui ora", riportando l’esistente ad una condizione di alterità e generando mondi possibili. Fra i lavori in mostra spicca in particolare il ricorso frequente al travestimento, alla metamorfosi e all’ibridazione come strumenti di riattivazione e rigenerazione della memoria e della conoscenza. Le figure si trovano al limite della riconoscibilità, i loro contorni si fanno ambigui, la personalità caotica e opaca. Attraverso il meccanismo della contaminazione, il corpo dell’artista viene sottoposto ad una traslazione che si declina talvolta in armonia, talvolta in straniamento, talvolta in inconciliabilità. Ciò che risulta in ogni caso evidente e costante è la straordinaria capacità generativa che scaturisce dalle immagini.
Marina Abramovich nasce a Belgrado (Serbia) nel 1946. Studia all’Accademia di Belle Arti di Belgrado. È un’antesignana nell’uso dell’arte performativa come forma di arte visiva. Sin dagli anni ’70 utilizza il proprio corpo come mezzo di amplificazione del messaggio artistico, sottoponendosi a pericolose dimostrazioni anche al limite della sopravvivenza. L’artista sfida i limiti fisici e mentali, arrivando a sopportare dolore e pericolo alla ricerca di trasformazioni emotive e spirituali, dedicandosi alla creazione di opere che ritualizzino le semplici azioni del vivere quotidiano. Esponente vitale di una generazione di performance artist d’avanguardia, Marina Abramovich è autrice delle primissime esibizioni che hanno fatto la storia della performance art e ancora continua a produrre opere destinate a lasciare il segno. Dal 1990 è visiting professor all’Accademia di Belle Arti di Parigi, alla Hochschule für Bildende Künste di Berlino e di Amburgo. Dal 1992 tiene workshop, conferenze e mostre, personali e collettive, in tutto il mondo. Tra le sue installazioni più note, Bed from Mineral Room (1994) e Cleaning that Mirror (1995). Nel 1997 ha vinto il Leone d’Oro alla Biennale di Venezia con una delle sue performance più note, Balcan Baroque.
Vanessa Beecroft nasce a Genova nel 1969. È considerata una delle artiste più innovative e accreditate nel panorama contemporaneo internazionale. La scelta espressiva di Vanessa Beecroft, maturata da giovanissima, è stata quella di pensare e realizzare performance utilizzando il corpo di giovani donne nude o travestite. Lo straordinario materiale umano a sua disposizione viene mosso secondo precise coreografie come sopra una scacchiera invisibile, con opportuni commenti musicali o con una studiata modulazione delle luci. Ciascuna delle partecipanti deve attenersi scrupolosamente a precise e inderogabili norme che l’artista impone per ciascuna azione, in modo da comporre dei veri e propri "tableaux vivants". Private di ogni possibilità di dialogo o di relazione, esse appaiono congelate al di là di un’invisibile barriera. Al tempo stesso il loro mutismo e il loro totale isolamento producono lo strano effetto di far rimbalzare lo sguardo di chi guarda su sé stesso, trovandosi in una situazione di disagio. L’artista pone al centro della propria riflessione il potere dello sguardo, del desiderio e del volubile mondo della moda. Le sue opera sono esposte nei più importanti musei e gallerie di arte contemporanea. Attualmente vive e lavora a New York.
Isabella Bona nasce a Vittorio Veneto nel 1975. Si diploma prima all’Istituto d’Arte di Vittorio Veneto e poi all’Accademia di Belle Arti di Venezia. La sua ricerca artistica tenta di rendere possibile, attraverso le tecniche offerte dal digitale, ciò che sembrerebbe impossibile, ovvero di fondere il mondo della realtà e quello dell’immaginazione. L’artista concentra l’obiettivo fotografico su di sé e, soprattutto, dentro di sé: il suo corpo è l’oggetto dell’analisi nel tentativo di fondere esterno e interno, reale e fantastico, per comunicare le dimensioni dell’io interiore. Attraverso le immagini si rende possibile e accettabile la convivenza del reale e del ferino celato nell’individuo, attraverso la testimonianza di un corpo che si presta alla mutazione. Isabella Bona ha partecipato a numerose mostre collettive e personali, tra cui: 83ma Collettiva, Fondazione Bevilacqua La Masa di Venezia; Q13 Visual Art Project, Centro Culturale Candiani di Mestre; Venice International Photo Contest, Galleria Contemporaneo di Mestre; Premio Open Art 2007, Rassegna Internazionale (Roma); Metamorfosi, Personale presso la Galleria Il Cenacolo di Felice Casorati di Torino. È stata premiata alla Mostra d’Arte Contemporanea - Sezione Grafica ed ha conseguito il Premio Arte 2000 Mondadori.
Giulia Caira nasce a Cosenza nel 1970. Appartiene ad una giovane generazione di fotografi che non affrontano la fotografia come una disciplina codificata, ma come medium aperto e imprevedibile. Tale impredicibilità del risultato è un aspetto rilevante del suo lavoro. Attraverso un massiccio ricorso al trucco e al travestimento, l’artista opera attraverso la declinazione di molteplici possibilità d’essere, in una ricerca del sé che si sviluppa attraverso il doppio registro della finzione e del rituale. Nonostante i materiali della messa in scena appartengano spesso alla dimensione quotidiana, il lavoro dell’artista non è autobiografico: nelle sue foto il quotidiano è il campo nel quale predisporre l’epifania dello straordinario. Un’ironica e allusiva rivisitazione degli stereotipi erotici percorre il suo lavoro e passa attraverso la deformazione sgradevole del corpo e del volto. Molte le mostre realizzate finora, fra cui Biennale dei giovani artisti (Lisbona), Paris Photo, LipanjePuntin artecontemporanea (Parigi), Proiezioni 2000, Quadriennale, Palazzo delle Esposizioni (Roma), La GAM costruisce il suo futuro, Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea (Torino), Clip’ it, Fondazione Sandretto Re Rebaudengo (Torino), Biennale di video e fotografia contemporanea, Alessandria. Vive e lavora a Torino.
Silvia Camporesi nasce a Forlì nel 1973. Le sue fotografie privilegiano i temi dell’identità, del doppio, del mito e della letteratura, colti fra intimità e religiosità. Le su figure senza spazio e senza tempo si presentano prive di connotazioni, celebrano la loro dimensione di austera compostezza, vagano come fantasmi immaginari dell’inconscio. L’identità, uno degli principali temi affrontati, qualifica apparentemente la persona ma spesso ne maschera la vera essenza. Da Ovidio ad Apuleio, da Virginia Woolf a Simone Weil, i segni del passato e del presente si coniugano per raccontare nuove ed inaspettate relazioni. Fotografie nitide ed eteree ci restituiscono personaggi da copertina che posano con disinvoltura davanti all’obbiettivo, calati in ambientazioni fittizie a evidenziare il senso di irrealtà che le contraddistingue. L’artista ha partecipato a numerose esposizioni personali e collettive, fra cui La stanza delle vergini suicide, Galleria San Lorenzo (Parma), Atene II festival internazionale di fotografia, Roma, Passages, Fondazione Pistoletto, Water, Palazzo Alberini. Vive e lavora a Forlì.
Nan Goldin nasce a Washington (Stati Uniti) nel 1953. La sua opera è inseparabile dalla sua vita. Segnata dal suicidio della sorella, è fotografando la propria famiglia che inizia l’attività fotografica. Dalla fine degli anni ’70 la sua vita cambia radicalmente, complice il trasferimento prima a Londra e poi a New York. Qui frequenta assiduamente i club della sottocultura di Times Square che diventano causa di una vita sregolata fatta di dipendenza da alcool e droghe, ma che daranno linfa al suo lavoro. Nasce così il suo caratteristico "sguardo", che predilige il colore dai toni domestici e l’uso costante del flash. I suoi amici più intimi diventano anche i protagonisti dei suoi scatti, che vengono proiettati in slide show in una sorta di lungometraggio senza trama. Le immagini raccontano di relazioni sentimentali in bilico, colgono i personaggi nel travaglio della vita quotidiana: l’amore, il sesso, la malattia, la vecchiaia, la morte si succedono nella proiezione come fotogrammi della condizione umana.
Tea Giobbio nasce a Buenos Aires nel 1958. L’artista, attraverso la fotografia, rigorosamente in bianco e nero, indaga su se stessa riprendendo le proprie parti del corpo, che poi isola in camera oscura. Attraverso la manipolazione della pellicola prima, e della carta in un secondo momento, indaga i vari aspetti del suo io. Emergendo dal profondo, le sensazioni e le riflessioni sulla propria esistenza si fissano su pellicola e su carta, ma mai completamente, tanto da permettere al soggetto di mantenere un’aura di mistero e indecifrabilità. In questo modo, la conoscenza non è mai totale, al contrario, è un processo lungo l’arco di una vita. Tea Giobbio ha esposto in Italia e all’estero in numerosi spazi pubblici e in gallerie private. Fra le principali mostre personali: Ricordi senza storia, Torretta, Sarnico (Bg), Identità, Galleria San Fedele (Milano), Autoritratti, Sotto La Mole, Fondazione Italiana per la fotografia (Torino). Fra le collettive: Interni Italiani 2, Istituto Italiano di Cultura (Praga), Corpi Dispersi, Castello Comunale di Barolo, Interni Italiani, Sociedade Nacional de Belas-Artes (Lisbona), Una Babele Postmoderna, Palazzo Pigorini (Parma), Ritrovarsi allo Specchio, Museo Ken Damy (Brescia), Portfolio a Confronto, Galleria San Fedele (Milano).
Mona Hatoum nasce a Beirut nel 1952 da famiglia palestinese. Dal 1975 vive e lavora a Londra, dove, arrivata per una visita, è costretta a fermarsi per lo scoppio della guerra civile in Libano. Dalla metà degli anni ’80 l’artista si afferma nel panorama artistico con performance e opere video che fanno del corpo l’espressione di una realtà divisa, in bilico tra tensioni e sopravvivenza, tra oppressione e controllo culturale e sociale. Nel corso degli anni ’90 il suo lavoro si discosta progressivamente dalla narrazione, concentrandosi su installazioni di grandi dimensioni e sculture: oggetti sottratti al quotidiano, sedie, letti, utensili domestici che, modificati o ingigantiti, reinterpretano la realtà conosciuta riconsegnando allo spettatore un mondo diffidente, insidioso, ostile, davanti al quale lo spaesamento e la vulnerabilità non lasciano spazio ad alcuna certezza. Fra le numerose mostre personali si ricordano: Mona Hatoum, Musée National d’Art Moderne, Centre Georges Pompidou (Parigi), Mona Hatoum, Museum of Contemporary Art (Chicago) e The New Museum of Contemporary Art (New York), Mona Hatoum. The Entire World as a Foreign Land, Tate Britain (Londra), Mona Hatoum – A major survey, Hamburger Kunsthalle (Amburgo) e Sydney Museum of Contemporary Art (Sidney). L’artista ha partecipato a Documenta IX (2002), alla Biennale di Venezia (2005), a quella di Istanbul (2005) e quella di Sydney (2006).
Barbara La Ragione nasce a Napoli nel 1974. L’artista sconvolge il vedere e il senso estetico della bellezza, ne ricostruisce una apparente, in cui i sensi sono catturati da un’impercettibile sensazione di disagio prodotta da una realtà mostruosa. L’immagine è come uno specchio magico che ricompone ed esibisce ciò che mai si vorrebbe vedere: l’alter ego, il doppio mascherato. Una volta entrati in questa realtà composita, superata la naturale soggezione provocata dalle atmosfere e dall’eleganza delle composizioni, si entra in una dimensione magica sospesa tra Oz e il mondo gotico di Mary Shelley. Barbara La Ragione ha partecipato a numerose mostre collettive, tra le quali Ipermercato, Accademia delle belle Arti (Napoli), Foto Esordio, Università di Tor Vergata (Roma), X Biennale dei Giovani Artisti dell’europa e del Mediterraneo (Sarajevo). Vive e lavora a Napoli.
Mara Mayer nasce ad Alessandria nel 1966. Inizia a fotografare nel 1994 e diventa professionista nel 1997. La sua fotografia si sviluppa su diversi canali: il reportage, la ritrattistica, la dimensione performativa. Il suo lavoro si concentra principalmente sull’estetica dei non luoghi, del vedere attraverso la macchina fotografica una realtà epurata dai rumori e da ogni elemento di distrazione. Il reportage è senz’altro il suo ambito privilegiato di espressione artistica, ovvero il costruire una storia attraverso documenti fotografici. La sua sembra una poetica dell’istante, un paradigma in accordo al quale vedere significa aprirsi e concentrarsi su nuove prospettive, uscire da orizzonti limitati e scoprire microcosmi inaspettati. Delicatezza, poesia e spirito di denuncia convivono nelle sue suggestive immagini. Mara Mayer ha realizzato reportage su Patagonia, Madagascar, Sri Lanka, Marocco, Portogallo, Kurdistan, Grecia, Cuba. Per quanto riguarda la ritrattistica, i volti da lei immortalati spaziano dai visi degli operai della Montedison a quelli di personalità come Enrico Colombotto Rosso, Gregorio Fuentes, Ugo Nespolo, Mimmo Candito, Giorgio Conte, Moni Ovadia. Vive e lavora ad Alessandria.
Shirin Neshat nasce a Qazvin (Iran) nel 1957. Nel 1974 si trasferisce dall’Iran a Los Angeles dove sarà costretta a rimanere a causa della rivoluzione komeinista nel ’79. L’artista assimila la cultura occidentale, trovandosi a vivere in uno dei centri nevralgici del mondo dell’arte. Utilizza video e fotografia in un modo estremamente efficace: crudo e allo stesso tempo esteticamente raffinato. Le sue immagini, nonostante il contenuto narrativo, risultano quasi rarefatte grazie ad una grafica elegantissima. Nel suo lavoro l’artista esplora la complessità delle condizioni sociali all’interno della cultura islamica, rivolgendo uno sguardo particolare al ruolo della donna nella società. Le sue foto e i suoi video ritraggano corpi e volti velati, sottomessi, a volte martiri, costretti a confrontarsi con la violenza, la repressione e il terrorismo. Immagini intense e cariche di significati, frutto di un’esperienza personale che deriva dalla possibilità di intersezione fra le culture. Una visione anticonvenzionale fondata sul distacco dai pregiudizi, tanto quelli del mondo Orientale quanto quelli del mondo Occidentale. Ha collezionato molti premi, fra cui il Leone d’Oro alla Biennale di Venezia nel 1999, ed è contesa dai più importanti musei e gallerie d’arte contemporanei. Vive e lavora tra il suo paese di origine e New York.
Pipilotti Rist nasce a Schweizer Rheintal (Svizzera) nel 1962. Realizza video, lungometraggi, performance, musica e combina tutte queste forme artistiche in installazioni di grandi dimensioni, in cui l’elemento sonoro e visivo si fondono in un’opera che seduce lo spettatore. Nel suo lavoro i diversi mezzi artistici sono assorbiti e rielaborati in tono ironico, focalizzando l’attenzione su soggetti tipicamente "femminili", quali la casa, il corpo, la vita emotiva. Temi privilegiati del suo lavoro sono la differenza fra i sessi e l’identità femminile. Le sue opere sono connotate da uno stile anticonvenzionale ed esplosivo, visualmente lussureggiante e psichedelico. L’artista concepisce le sue opere come clip acide, a volte aggressive, con un’efficacia pari a quella dei creatori commerciali, ma introducendo elementi di disturbo quali le striature, i colori intensi, i flussi e le vibrazioni, le saturazioni e le dissonanze sonore. Usando con esuberanza le potenzialità del medium, manipola le immagini fino ad ottenere degli effetti che attribuiscono un valore ambiguo alle immagini, oscillanti fra televisione, video e cinema. Le sue opere sono state esposte nei maggiori musei internazionali e in rassegne internazionali quali le Biennali di Lione, Istanbul, Kwangiu e Venezia, dove ha rappresentato il suo paese con l’opera Homo Sapiens Sapiens. Vive e lavora a Zurigo.
Cindy Sherman nasce a Glen Ridge (Stati Uniti) nel 1954. Le sue immagini sono state definite "performance congelate" ma, nonostante ciò, l’uso che fà del medium è spiccatamente fotografico. I suoi scatti non sono semplice documentazione di performance, viceversa, la messa in scena nasce per essere ripresa dalla macchina fotografica. Declinate in serie, le sue fotografie rivelano delle preoccup0azioni che ruotano attorno al ruolo della donna nella società. Nella serie Untitled Film Stills del 1969, immagini di piccolo formato in bianco e nero che furono acquistate dal MOMA di New York per oltre un milione di dollari, in cui trae ispirazione dai film noir degli anni ’50 e ’60, risultano prefigurati la maggior parte dei temi che caratterizzeranno tutte le sue successive creazioni artistiche: l’uso del travestimento, la parodia degli stereotipi imposti dalla società alla donna, l’imitazione di codici linguistici appartenenti alla cosiddetta "sottocultura", lo spaesamento delle ambientazioni. L’artista vive e lavora a New York.
SGUARDI INTERIORI
Fotografie di: Marina Abramovich, Vanessa Beecroft, Isabella Bona, Giulia Caira, Silvia Camporesi, Tea Giobbio, Nan Goldin, Mona Hatoum, Barbara La Ragione, Mara Mayer, Shirin Neshat, Pipilotti Rist, Cindy Sherman
Mostra promossa dall’Assessorato alle Politiche Culturali e Spettacolo – Centro Nazionale di Fotografia del Comune di Padova
Mostra a cura di Enrico Gusella
Direzione della mostra: Alessandra De Lucia
Mostra realizzata in collaborazione con Sabrina Raffaghello Arte Contemporanea
Padova, Galleria Sottopasso della Stua (Largo Europa)
9 febbraio – 22 marzo 2008
Orario: da lunedì a sabato 11.00 – 13.00 / 15.00 – 19.00. Chiuso la domenica
Ingresso libero
Centro Nazionale di Fotografia
Segreteria mostra: Giulia Filippini, Ilaria Guarnieri, Ester Pasquato, Francesca Volpato, Alessia Zulian
Ufficio Stampa: Studio Pesci di Federico Palazzoli, via S.Vitale 27, 40125 Bologna
tel. 0039 051269267 - fax 051 2960748
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